Antonio Zaccheo: “fu come andare sulla luna!”

Antonio Zaccheo: “fu come andare sulla luna!”

Presidente del Gruppo Grandi Vini e della rinomata azienda vinicola toscana Carpineto, Antonio Zaccheo è una figura di spicco nel settore vinicolo italiano. La sua esperienza ultratrentennale nel settore e la profonda conoscenza dell’export lo collocano ai vertici dell’industria vinicola nazionale, riconosciuto per l’impegno instancabile nel promuovere le eccellenze italiane sui mercati globali. 

L’incontro tra Zaccheo e Michele Chiarlo è un tassello fondamentale nella trama della promozione del vino italiano oltre confine, avendo portato, alla fine degli anni ’80, alla creazione del primo consorzio interregionale per l’export di vini italiani, il Gruppo Grandi Vini d’Italia.  

Il destino ha un modo straordinario di intrecciare le vite delle persone, portando incontri che segneranno per sempre il corso delle loro storie. Così è stato il mio incontro con Michele Chiarlo: un momento fortuito che ha dato il via a una delle relazioni più significative della mia vita. Era il periodo in cui mi ero associato a un’azienda con l’intenzione di introdurre i nostri vini sul mercato belga, una mossa che avrebbe dovuto portare il nostro prodotto oltre i confini nazionali. Ciò che non sapevo all’epoca era che tra i soci sarebbe entrato a far parte un distinto signore piemontese, un produttore di cui avrei presto imparato a conoscere il nome: Michele Chiarlo. Da quel momento, si aprì una nuova porta nelle mie esperienze professionali e personali, un capitolo che avrebbe segnato il cammino della mia carriera e della mia vita. 

Michele Chiarlo era un pioniere nel mondo del vino, un visionario che ha osato sfidare le convenzioni e aprire nuove strade verso il successo. Nei primi anni ’70, mentre pochi esploravano mercati fuori dai confini nazionali, Michele era stato uno dei primi a riconoscere il potenziale del mercato estero, iniziando a spingersi oltre, calcando rotte mai intraprese e bussando porte ancora mai aperte dal mondo del vino piemontese. 

Venne accolto subito a braccia aperte: non solo per la sua professionalità, ma anche per la sua trasparente passione e dedizione, qualità non così comuni nel mondo vinicolo di quei tempi.  

Ci incontrammo in quel periodo, e fu chiaro fin da subito che condividevamo gli stessi obiettivi e ideali. non eravamo rivali – lui in Piemonte, io in Toscana – ma compagni di viaggio lungo un percorso comune, uniti dalla stessa convinta dedizione nel promuovere la qualità dei nostri vini sempre più lontano. 

Iniziammo così a viaggiare insieme, attraversando l’Europa da un capo all’altro, per parlare con importatori e addetti ai lavori. Senza lusso dei telefonini, ci affidavamo a vecchie cabine telefoniche e agli uffici postali per tenere i contatti; spesso, gli incontri saltavano, gli appuntamenti non si concretizzavano, e ci trovavamo ad aspettare ore, o, a volte, a dover tornare indietro a mani vuote. Ma non perdevamo mai la fiducia: ci mettevamo in macchina e partivamo, attraversando la Germania, l’Olanda, in viaggi interminabili, che erano per noi però sempre occasioni di parlare, ridere – tanto – e, soprattutto, confrontarci. 

Fu proprio durante questi viaggi che ci rendemmo conto davvero della scarsa conoscenza del vino italiano all’estero. Iniziammo a porre le basi di una nuova idea: volevamo presentarci ai mercati con un pacchetto di aziende vinicole, tutte accomunate dalla stessa attenzione per la qualità e la tradizione familiare, per incoraggiare il coinvolgimento degli importatori. Ci interrogammo su come poter creare un sistema per aumentare le nostre opportunità sul mercato internazionale, un approccio cooperativo che ci avrebbe anche consentito di partecipare alle prime fiere, condividendo i costi e guadagnando visibilità. 

Fu così che, nel 1989, nacque il Gruppo Grandi Vini, il primo consorzio interregionale per l’export. Con il Gruppo fummo tra i pionieri nell’espansione verso l’Asia, già nei primi anni Novanta; presto aprimmo anche la nostra sede a Singapore, consolidando la nostra presenza in quel mercato in forte crescita. Dopo la caduta del muro di Berlino, fummo tra i primi a partecipare alla fiera di Lipsia – fu davvero come andare sulla luna!

Io e Michele condividevamo una profonda amicizia, cementata da pensieri e passioni comuni. Eravamo una spalla l’uno per l’altro e ci motivavamo in ogni sfida. Michele era un uomo di notevole spessore umano e morale, dotato di grandi capacità diplomatiche e una preparazione impeccabile; la sua esperienza, frutto di una lunga e intensa gavetta nel settore, non passava certo inosservata. Era sempre pronto a bussare alle porte, a farsi strada, ad aprirsi nuove opportunità. 

Durante il nostro tempo insieme, abbiamo sempre molto, ripensando alle nostre avventure passate. Una di queste storie mi è rimasta particolarmente impressa.  

Durante uno dei nostri viaggi in Asia, ci trovammo ad incontrare un importatore locale a Singapore. Michele iniziò, come solo lui sapeva fare, a raccontare la storia della sua azienda; era un grandissimo narratore, colto e appassionato, con moltissima sensibilità. Partiva sempre da riferimenti conosciuti (diceva sempre che il Piemonte era vicino a Montecarlo!) per catturare l’attenzione e poi approfondiva sempre più nei dettagli, raccontando del Piemonte, dei vigneti, di varietà e particelle. Riusciva a coinvolgere chiunque lo ascoltasse: il nostro interlocutore cinese annuiva, incantato dal racconto. Ma alla fine, ci chiese: “Ho capito, ma da dove venite?”. 

Ridemmo sempre molto di questa storia, insieme. Era il riflesso di Michele: una volta che iniziava a raccontare della sua terra e dei suoi vini, non si fermava di fronte a nulla – e, quando inevitabilmente succedeva di incappare in piccoli o grandi fallimenti, sapeva prenderli con leggerezza e ironia. 

Conoscere Michele e condividere un lungo pezzo di strada con lui è stata una delle grandi fortune della mia vita. Insieme abbiamo vissuto un’epoca di profondi cambiamenti e trasformazioni: negli anni ’60, il vino era un’industria difficile, dove la marginalità era quasi nulla e il successo un’eccezione; oggi, l’Italia è una delle regioni vinicole più celebrate al mondo – non avremmo potuto immaginarci un tale successo nemmeno nei più rosei sogni. 

Mi piace pensare che nel nostro piccolo siamo stati parte fondamentale di questa rivoluzione straordinaria: è stato un viaggio lungo e difficile, ma il risultato finale è stato più gratificante di quanto avessimo mai immaginato. Michele rimarrà per sempre nel mio cuore come un fratello e un compagno di avventure, e la sua eredità continuerà a ispirare generazioni di viticoltori italiani a venire.